Semplicemente Fiorentino

Un occhio al passato, uno sguardo al futuro

Parlando di aglianico (e non solo!) alla corte di Gianni Fiorentino. Un signore del vino, persona a modo, produttore sincero e gentile.

Mi accoglie con il fare dell’eleganza, che però non ti fa sentire “a distanza”. Anzi! Mi ospita in cantina con competenza, ma allo stesso modo non lesina il confronto sul mondo del vino, snocciolando criticità e soluzioni di un comparto che, al netto della qualità delle sue produzioni, ha bisogno di maggiore/migliore comunicazione (tramite mezzi e persone).

L’occasione del nostro incontro (non il primo, di certo non l’ultimo) è stata una mia scelta: per rappresentare i rosati irpini in un appuntamento estivo chiamato “Forum del Vino” ho voluto in degustazione anche una sua bottiglia: Flavia.

Serata svolta in collaborazione con il Forum dei Giovani di Teora ed ONAV Avellino, nella splendida cornice della Pinacoteca di Teora. Svolgimento:

– mezz’ora di “lezione” sui metodi di produzione dei rosati ed un assaggio tecnico a mia cura;

– mezz’ora di docenza sui trend di consumo, poi una degustazione con il “collega” Simone Feoli, delegato ONAV Benevento, ma irpino al 100%;

– assaggio e confronto su un terzo vino, in accompagnamento a formaggi e salumi del territorio.

Tornando a Flavia: questo rosato ha mostrato tratti eleganti e moderni, senza abbandonare il luogo di provenienza. Provenzale nel colore, per scelta, luminoso e vivo. Ma non per forza un sorso “estivo”, quanto più di ampio spettro o impiego (dall’aperitivo all’abbinamento cibo-vino). La sua storia parla di un grande lavoro in cantina, ma la sua realizzazione passa prima da un’idea, un progetto, una rivoluzione che inizia ben prima della produzione del mosto. E strizza l’occhio al futuro. A dimostrazione di quanto l’aglianico nella sua espressione, se vogliamo, più femminile ed oggi ricercata, possa prestarsi a vini più appetibili al consumo immediato, anche in ragione delle nuove tendenze di mercato (ed al cambiamento dello stile di vita). Gli odori parlano di finezza, raccontano di fiori e di frutta rossa non matura. In bocca la struttura è tipica, l’equilibrio unico, la persistenza voluta e raggiunta, merito prima del clima e del vitigno, poi del lavoro in vigna, poi della cantina. Perché senza il lavoro dell’uomo il territorio non vinifica da solo (al massimo parte qualche fermentazione). È così che è nato il concetto antropico di “terroir”: dall’intelligenza prima ancora che dalla mano. Se poi ci metti il sacrificio tutto è più buono. Come si fa da Fiorentino.

Ma dove lo facciamo questo vino? (il plurale non mente sulle mie origini)
A Paternopoli, nell’areale di produzione del Taurasi DOCG. Lì dove Gianni Fiorentino ha dato alla provincia di Avellino (e non solo!) un grande esempio di realtà vitivinicola che ama il territorio e fa una passo avanti nel rispetto dell’ambiente e della storia.
@fiorentinowines racconta la vita di famiglia e tramanda in “chiave odierna” un legame con la terra che si manifesta nella bellezza dello stesso luogo di vinificazione, per concezione e costruzione. È un legame “strutturale” con il contesto naturale che non fa male alla vista ed al cuore. Perché oggi la visione del domani professa il ritorno alle tradizioni e l’attenzione per l’ambiente circostante, ma anche il rispetto per la gente. Ed il motore di tutto questo sono i prodotti sani ma anche i rapporti umani.

Visitare questa realtà, toccarla con mano, vuol dire vedere con i propri occhi quello che l’Irpinia avrebbe dovuto fare già da tempo: usare legno (o pietra) per non deturpare un contorno verde impreziosito da montagne, corsi d’acqua e modi di vivere più genuini che “di una volta”.
E poi ci sono la Coda di Volpe, l’Aglianico ed il Taurasi. Tutti “fatti in casa”. A conferma di quanto Paternopoli sia zona estremamente vocata.

Assaggiare per credere!

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